Foto dei componenti del Gruppo TATA; da sinistra, Paolo Pavan, Ginio Zambon, Paola Casagrande, Floriana Rigo, Francesca Dal Farra, Tomas Garner, Betty Mignanti, Roberto De Santi, Maurizio Baruffi ed Ennio L. Chiggio.

 
     
   
   
   
 


DEL LUDICO - Dopo il sorriso delle avanguardie
Testo di Ernesto L. Francalanci, edito da Mazzotta nel 1982

 

Cristina Tosato
L'avventura ludica: TATA



Nel 1980 Ennio Chiggio partecipa al Movimento Ludico insieme ad altri giovani artisti pronti a rileggere le regole della comunicazione verbale e visiva.
Sono i TATA, sperimentatori dell’immagine e della parola, ispirati dalla rivoluzione dada e surrealista e figli della crisi del Postmoderno. I TATA, guidati da un’acuta riflessione sull’uso tradizionale dei codici espressivi, rovesciano l’affermazione di Ludwig Wittgenstein “seria è la vita, giocosa è l’arte” per fare del linguaggio un grande gioco del mondo. Il gruppo si dà un nome e crea uno pseudonimo per ogni componente, ma non definisce se stesso né redige un programma condiviso.
Il fondamento teorico è introdotto dal testo di Ernesto Francalanci Del Ludico.
Dopo il sorriso delle avanguardie del 1982, un percorso trasversale tra le esperienze artistiche e filosofiche della cultura occidentale, alla ricerca di un possibile rapporto tra rappresentazione e realtà.
La crisi dei “realismi” ottocenteschi e la rivolta al fare arte tradizionale delle avanguardie del Novecento hanno convogliato verso un viaggio senza ritorno il modo di raccontare il mondo.
Se la natura delle parole e delle immagini, come dimostrano Wittgenstein, Foucault, Baudrillard, non coincide con quella delle cose, il tradizionale sistema di narrazione, in tutte le sue forme, non racconta che menzogne e il linguaggio, invece di garantire il senso dei suoi soggetti, genera incertezze.
La cornice che conteneva la rappresentazione e che resisteva alle tensioni centrifughe dell’avanguardia si è irreparabilmente rotta, scagliando lontano i suoi frammenti e liberando la forma metaforica dell’immaginario nello spettacolo della vita.
A questa allucinante e caotica “commedia” TATA risponde con la teoria del ludico, una positiva inclinazione a far convergere nel complesso macchinario del linguaggio gli indizi raccolti nei corridoi della biblioteca, i soggetti della Storia e dell’Accademia, con i soggetti trovati lungo i sentieri della vita, giocando con il paradosso linguistico e il doppio senso.Il ludico irrompe laddove si scatena il cortocircuito tra significante e significato, nello spazio vuoto che inevitabilmente si genera dall’incapacità della parola e dell’immagine di rappresentare definitivamente e univocamente la cosa che racconta.
La fragilità del linguaggio è per TATA un punto di forza, una leva sulla quale sollevare un universo di giochi semantici che producono nuovi e insospettati livelli di senso.
Gli artisti del gruppo mescolano le fonti e le aggregano tramite lo strumento dell’allusione e, nella sua forma più estrema, della citazione; il testo, liberato dalle categorie storiche, è inserito in rappresentazioni “altre” all’interno di un grande sistema allusivo e simbolico della realtà.
“Il mondo è solo linguaggio, le cose e le parole si recitano in continuazione evolvendosi nella lingua, quindi arguisco che posso confezionare nuovi ‘zabaioni’ da vecchie uova strapazzate; la ‘frusta’ per tale operazione è l’atteggiamento ludico e costituisco assieme ad altri attori in momentanea emigrazione un flusso tata, tanto non vi interessa (l’ho capito!) e tra l’altro o vi sedete sulla riva o nuotate, il flusso passa!”.
I protagonisti provengono da ambienti e formazioni diverse, ma si incontrano nella galleria TOT di Giulia Laverda in via Santa Lucia a Padova, per produrre opere di gruppo, residuo di lunghissime ed estenuanti discussioni. Ennio Chiggio, Paola Casagrande, Francesca Dal Farra, Betty Mignanti, gli architetti Maurizio Baruffi, Roberto De Santi, Paolo Pavan, Floriana Rigo e Ginio Zambon, gli artisti Thomas Garner e Andrea Pardini esercitano lo scardinamento dei codici comunicativi, proponendo un gioco “per adulti”, colto e impertinente, destinato a chi ha gli assi nella manica per riconoscere le citazioni e usare liberamente i propri riferimenti culturali al di là delle classificazioni.
Ne risultano così opere eterogenee, multiformi, complesse, profondamente concettuali, accompagnate da testi che assumono valore costituente.
I TATA affrontano l’arte su più fronti: l’oggetto artigianale, il testo critico, il design, l’architettura, la fotografia, il fumetto, scegliendo sempre relazioni imprevedibili e improbabili tra le cose, relazioni riconoscibili attraverso un processo di “memoria della cultura” (Francalanci).
L’inaugurazione ufficiale di TATA, dopo una prima introduzione al ludico con i Tatoy, collezione di oggetti ludici, avviene il 22 maggio 1982 con la presentazione di “Il sorriso delle avanguardie” di Ernesto Francalanci e l’esposizione “Da Dada a Tata un fluxus FRAGILE”, accompagnata da eventi sonori di Erik Satie. La consistente eredità culturale è espressamente dichiarata: il grande alchimista androgino Marcel Duchamp, l’ironia dada, l’interdisciplinarità di Fluxus.
Ma oltre all’evidenza di questi reperti c’è l’intenzione sottesa di avvicinare davvero la vita all’arte attraverso il gioco di un linguaggio che crea rapporti tra l’uomo e le cose.
Le opere esposte esprimono una vicinanza al Surrealismo giocosa e pervasa dalla volontà di non spiegarsi mai completamente: Melomania manifesta di Renétta Magritta è una scultura di una mano che tiene una mela, Sineddoche-Il particolare per il generale un busto da sarta con la fascia da generale, Grande Ovazione, una pila di uova.
Ma si tratta di una questione seria. Scrive Chiggo: “C’è del verboso nel ludico.
Ho sentito narrare che l’uomo si presenta sotto la specie di: Homo erectus, sapiens, faber, necans, ridens, ludens ma non ho capito cosa ci faccia sotto la specie! L’unico che ho trovato soddisfacente è l’homo tata, mi è andato bene e me ne sono rivestito poiché gli altri ometti lo mettono facendo omissioni. … Mi interessano i treni, ma ancor più le stazioni ed in quelle le cabine dove si smistano continuamente percorsi, dove le convergenze delle parallele di ferro fanno continuare i viaggi.
Lasciatevi andare alla deriva! Alla diramazione! Al dirottamento spargete false piste ove le abduzioni si schiantano".
Tra il 1982 e il 1984 si susseguono moltissimi eventi tata: le esposizioni “Trompe-l’oeil” e “Natalequale”, le performance come “Irruzione scenica per 12 attori & choragus (ultima) messaincena”, le mostre di design con la collaborazione di Dino Gavina e le opere di Ettore Sottsass, le “videosollecitazioni” dell’esposizione “TATA è soffice ma non caldo”, i raccoglitori Tata-book Totalità, Totemica e Seminario (autunnale) immaginario-impossibile sul Ludico, i testi come Pseudo-teoria perniciosa delle pulsioni ludiche. Dopo la riflessione sull’arte Tata riflette sull’architettura con la mostra nel marzo 1984 “Metafora e Architettura (lapsus tra lapis e lapide)” alla galleria TOT.
Partecipano Francalanci, Rampazzi, Chiggio, Pavan, Garner, Zambon, Baruffi, De Santi. L’immagine scelta per rappresentare la mostra è il Torso del Belvedere o Torso di Ercole, emblema e topos dell’arte antica. I TATA vogliono riutilizzare i reperti, le parti mancanti, i residui, per generare un flusso allusivo verso altri e più vasti territori dell’immaginario.
Ennio Chiggio presenta Liber genius loci, opere che fanno il verso a grandi progetti irrealizzati, sognati, desiderati, accompagnate da un lungo testo che guarda allo spazio vuoto che inevitabilmente si forma tra segno architettonico (progetto) e segni linguistici che cercano di descriverlo (parole), spazio vuoto sempre presente nei passaggi da un codice all’altro, come luogo poetico nel quale ricercare nuove relazioni che colmino le assenze prodotte dalla mancanza di arti e testa del Torso del Belvedere.
Nel 1985 “E ( ) TATA” (Chiggio) raccoglie in una speciale cartella venticinque opere precedenti anticipate da alcuni testi “per la verifica interpretativa dei pochi eletti”.
La cartella, intitolata “Fra intendimenti”, riporta in copertina l’immagine del Jolly, carta che può sostituire tutte le altre, ma che da sola non ha alcun valore: uno spazio vuoto, neutro, da riempire a piacere.
Per giocare è necessario entrare nel fitto mondo dei fraintendimenti, dove l’interpretazione, se non libera, è però molto aperta, dove le trasgressioni fanno regola, i confini si compenetrano, le incognite necessitano di un’attribuzione di valore.
Le venticinque tavole rappresentano alcune importanti opere tata come Traumdeutung 1911, autoritratto di Leonardo col rossetto; Autoritratto anacronista, una tavolozza da pittore sulla quale campeggia il volto di uno scimpanzè dagli occhi azzurri (come quelli di Chiggio); Circolazione a doppio senso, uomo-albero le cui due circolazioni si possono distinguere attraverso gli speciali occhiali tata. La riflessione sui meccanismi del linguaggio dal loro interno continua con la fotografia.
Quel che interessa è l’illusione che essa crea, la riduzione di un soggetto a un istante, la genesi di un positivo da un negativo.
I TATA si cimentano nel fotoromanzo Phototattismi palingenetici, per la regia di Chiggio e la partecipazione di tutti i TATA rimasti nel flusso. Tra foto di immagini antiche e moderne, i tata discutono di fotografia cercandone una definizione (ludica?), che però non si trova. Una polaroid tutta nera è il Mistero (annullato).
Ma il vero mistero è nella busta nera sigillata che contiene l’“Immagine latente”: al momento dell’apertura della busta e dell’esposizione alla luce l’immagine si formerà e svanirà. L’alternativa è conservare il mistero in busta chiusa e sognare tutte le immagini possibili. I TATA passano al fumetto: fanno il verso ai Patafisici di Jarry con Febbre gialla da cui ci si difende con lo zampirone anti-zanTzara.
In otto anni i TATA creano oggetti ludici (il Tapperoico, il Bicipede, la Main qui gratte), producono testi critici (Documento sulla tot-alità, il Paradosso del postino, Altissimo fraintendimento) ospitano importanti mostre di design (Ultramobile, Alchimia, Memphis, Gufram), organizzano performance, disegnano fumetti, scattano fotografie.
Tutto questo “tateggiare” è diligentemente registrato da Ennio Chiggio, Giulia Laverda ed Ernesto Francalanci nei Tata-books, grandi raccoglitori di immagini, parole e oggetti, che testimoniano il sistema vasto e multiforme dell’esperienza tata tra il 1980 e il 1988. I Tata-books riutilizzano tutta la produzione del movimento per dar vita all’ultima, grande e divertente opera tata, che è anche l’unica documentazione rimasta.
“Uscite dalla realtà prima che sia troppo tardi” (Ennio Chiggio)