|
||
|
||
|
||
|
||
Ennio L. Chiggio
Il machinico fa cantare i metalli
L'inno dei futuristi alle macchine come l’atteggiamento problematico del machinico del filosofo Deleuze sono più che mai appropriati e attuali oggi in cui i processi di cybernetizzazione permettono a una composita ferramenta detta hardware di mettersi in agitazione come un Frankestein e assumere comportamenti intelligenti tramite procedure di cose soffici, software.
Il massimo si sta raggiungendo poiché anche la bellezza si addice alla macchina sotto la specie design e il mondo dell’estetica sembra esserle naturale dall’inizio del secolo, con la modernità.
Anche nel mondo musicale suoni e rumori colorati si sono ampiamente fatti largo sia nella musica considerata colta sia nella musica di largo consumo.
Le lamine battute o percosse, le canne, i gamelan hanno mutato il percosso in melodia e ritmo; cordofoni, membranofoni, idrofoni sono strutture metalliche che operano in tal senso e le song o il jazz le frequentano oltre che autorevoli compositori come Cage e molta musica aleatoria.
Questa premessa è necessaria apertura poiché pre-vede altre esperienze artistiche attualizzate.
Tutto si ri-volge e svolge ora a molti anni di distanza dall’esordio, ormai cinquanta, quando operatori estetici di quella pattuglia di “esordienti” e apprendisti macchinaci agivano all’interno del filone molto articolato dell’Arte Cinetica che in Italia assunse specificatamente il nome di Arte Programmata e alla Mostra di Foligno “Lo Spazio dell’Immagine” ove si aprì il co-involgimento e la conquista dello spazio come articolazione cinesica del corpo per superare l’oggetto che a veduta di molti aveva esaurito la spinta programmatica. Significativa fu la scelta del famoso uovo pendente di Brera che interagisce con lo spazio concavo della conchiglia come emblema della mostra.
Il processo attualizzante avviene oggi con l’incontro tra progetto analogico e digitale in cui la meccanica incontra le procedure computazionali in grado di far agire motori passo-passo su teste fresatrici che si spostano con unità di misura in pixel e lettori di punti laser per tracce isiemizzate, capaci sia di rilevare gli oggetti tridimensionali per scansione sia di restituirli “copiati” tramite il successivo taglio al raggio laser.
Le macchine pantografiche laser permettono oggi di dar vita a forme di elaborata complessità progettuale che possono essere trasferite sui vari materiali organici e sui metalli con estrema precisione e rapidità, in alcuni casi saltando anche la fase prototipale e quindi artigianale che finora aveva determinato tutti i processi creativo-progettuali.
Questa testimonianza oggi, qui, vuole dar conto della ricerca sulle Macchine eoliche capaci di muoversi liberamente nello spazio, definite dalla critica modernista “mobile” con cui Calder, Munari, Tinguely e altri divennero famosi e precursori dell’Arte Cinetica, grandi divulgatori del Movimento Moderno.
Le Macchine eoliche nascono attraverso la fresatura di forme chiuse multiple inserite progressivamente una nell’altra con strutture geometriche euclidee, dal triangolo al cerchio, e come avevano intuito e praticato i pitagorici con tali forme ricercato e raggiunto l’armonia delle sfere!
Tale oggetto è ottenuto con una macchina fresatrice con piano di grande dimensione, potenza e profondità di lavorazione; le forme liberate una dall’altra nella sequenza di taglio e sospese nell’aria ruotano sotto i flussi di moto dell’aria e a ogni leggera percussione del fruitore le singole forme suonano armonicamente.
Il corpo è sempre stato fatto oggetto di attenzione e utilizzato come strumento sonoro munito o accessoriato di sonagli, catene e vari altri idiofoni, nella sua cinesica danzante, è in grado di assumere posture complesse e sconfinare nella ritualità magica.
Ma oggi si va molto oltre: grazie al campionamento digitale la musica ci segue in ogni angolo e si va sempre più integrando nel nostro corpo interamente comunicante; è possibile quindi dar vita a quella sintesi delle arti tanto desiderata dalle avanguardie del Novecento tra suono - visione - spazio e aprire a una complessa performatività come hanno mostrato Stelarc e Antunez.
Margini percettivi a canne d’organo intagliati in strutture eseguite al pantografo, capaci di rimettere in gioco tutta la organologia seicentesca, o quadrature di diapason o shakeraggio di barre d’ottone inserite in forature multiple, oppure pallottolieri sonori o ancora molle riverberanti sono le macchine visive-sonore in ascolto!
La Celesta a enne elementi, presentata a Foligno, ora, è la macchina sonoro-visiva rimodellata sull’ambiente presentato sempre qui quaranta’anni or sono dagli Enne CSCS, che immette nello spazio una “organum” percussivo in modo che il fruitore sia costretto a operare con enti formali “specificatamente metafisici”.
Le immagini poste a corredo, di cui molte ancora in progetto e in corso di esecuzione, mostrano in maniera parziale l’essenza, poiché per essere complete necessiterebbero dell’ascolto… prima o poi si potrà mediaticamnete ri-comporre una cine-sonorità con il "canto dei metalli"!
(E.L. Chiggio, in Spazio, Tempo, Immagine, Skira, Milano 2009)
|
|
|
||
|
|
|||